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Channel: rete capri – Nuovo Cinema Locatelli
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Il film imperdibile stasera in tv: LO SCAPOLO di Antonio Pietrangeli (giov. 27 sett. 2018, tv in chiaro)

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Lo scapolo di Antonio Pietrangeli, Rete Capri (66 dt), ore 22,30. Giovedì 27 settembre 2018.
Da non perdere, per nessuna ragione, sono Antonio Pietrangeli e il suo cinema. Un autore mai abbastanza riscoperto, amato, rivalutato. Autore di capolavori che non si discutono del nostro cinema tra fine anni Cinquanta e metà anni Sessanta, da Adua e le compagne a Io la conoscevo bene (il suo vertice, e uno dei vertici del nostro cinema di sempre), passando per La parmigiana e La visita. Compagno di strada dei grandi della commedia italiana di quel tempo, Mario Monicelli e Dino Risi in testa, ma scostato da loro per l’assenza di quell’ironia spesso devastante e tracotante, aggressiva fino al teppismo. Pietrangeli era di tutt’altro stampo, più proclive alla malinconia dei toni, al crepuscolarismo, all’osservazione sì implacabile di un mondo, di un vivere sociale, ma con una partecipazione verso i personaggi assente nella copia regina del genere Monicelli-Risi. Usando i codici della commedia per tracciare perfetti quadri di un’Italia minima attraversata da figure di perdenti, soprattutto donne. La galleria dei suoi ritratti femminili è memorabile, a volte straziante. Fa (apparentemente) eccezione questo suo secondo lungometraggio (del 1955) Lo scapolo, con al centro un maschio, anzi un maschio assai medio-italiano, un Alberto Sordi refrattario al matrimonio che molte donne ha e conquista per non averne, in fondo, davvero nessuna. Fino a che, sgomento del suo stesso vuoto interiore e del nulla esistenziale in cui caduto, cederà al matrimonio. Alberto Sordi asciugato da Pietrangeli dei suoi vezzi debordanti e riportato a una attorialità più intima, più controllata, che più che agli effetti comici è funzionalizzata alla costruzione del personaggio. Ma in fondo anche questo è, perfettamente alla Pietrangeli, un film di donne e sulle donne. Si parla di uno scapolo seduttore seriale per mostrare in realtà le figure femminili che gli girano attorno. Cast memorabile. Con un Nino Manfredi pressoché sconosciuto in un ruolo collaterale (e in uno dei suoi non molti film con Sordi: tra i due notoriamente c’era aperta rivalità). E poi le signore e signorine: Rossana Podestà, Virna Lisi, Sandra Milo, Lilli Greco. Apparizione sfolgorante di Abbe Lane, con marito Xavier Cugat e il loro mitologico cagnolino. Sceneggiatura di Ettore Scola, Ruggero Maccari e Alessandro Continenza. Che nomi, che tempi.


Il film imperdibile stasera in tv: IL BANDITO di Alberto Lattuada (mart. 2 ott. 2018, tv in chiaro)

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Il bandito di Alberto Lattuada, Rete Capri (66 dt), ore 21,00. Martedì 2 ottobre 2018.
Una delle belle sorprese di questa serata tv. Girato da Alberto Lattuada nel 1946, a guerra appena finita, racconta di un reduce da un campo di prigionia tedesca (Amedeo Nazzari!) che rientra nela sua città, Torino, e la trova devastata e irriconoscibile. Ricominciare una nuova vita, ma come? Scoprirà che la sorella si prostituisce, resterà invischiato in loschi traffici e scivolerà in una vita fuorilegge. Film strepitoso, che sembra inscriversi nell’allora neonato neorealismo (Roma città aperta era appena uscito), ma che in realtà ne usa i codici per realizzare un altro oggetto filmico, un noir che un po’ deve al cinema francese romantico-maudit dei Duvivier e dei Carné e molto alle crime stories americane. In più, Lattuada aggiunge il suo inconfondibile tocco mélo, in un impasto di attualità sociale e passioni estreme che riprenderà due anni dopo nel magnifico Senza pietà, e che molti poi copieranno. Anche, la rappresentazione dello stato di incertezza e sbandamento dell’intera società appena uscita da fascismo e sconfitta. Oltre allo statuario Nazzari, icona del cinema popolare italiano, ci sono nel Bandito Anna Magnani (nientemeno) e Carla Del Poggio. Film matrice di tutti i successivi crime all’italiana come Banditi a Milano, Il gobbo, La banda Casaroli, e naturalmente dei poliziotteschi anni Settanta. Imperdibile, davvero.

Film stasera in tv: LA RISAIA di Raffaello Matarazzo (mart. 2 ott. 2018, tv in chiaro)

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La risaia di Raffaello Matarazzo con Elsa Martinelli e Rick Battaglia (1956), Rete Capri (canale 66 dt), ore 22,30. Martedì 2 ottobre 2018.
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Festival di Locarno 2012, proiezione in piazza Grande di ‘La risaia’: nella foto l’allore direttore artistico del festival Olivier Père e Elsa Martinelli.

Ripubblico la recensione-cronaca della proiezione al festival di Locarno 2012 in Piazza Grande (era il 31 luglio) del film, presente la protagonista Elsa Martinelli.
Interviene prima della proiezione Elsa Martinelli, adeguatamente introdotta dal buon Olivier Père, direttore artistico del festival (quest’anno non più nei suoi iconici completi bianchi) con spiccata vocazione a fare il padrone di casa di modi cortesi e squisiti (qualcuno si è scandalizzato quando l’ho detto, ma a me ricorda proprio certo Gian Luigi Rondi, il più diplomatico e curiale, il navigatore capace di cavalcare ogni onda, di trovare ottime parole per tutti e in ogni occasione, di non imbarazzarsi mai, di non essere e di non mettere mai a disagio nessuno, insomma un vero uomo di mondo, come dicevano le zie). Elsa Martinelli sale, un po’ faticosamente per via di una caviglia messa un po’ così, le scale ed eccola sul palco, sotto l’immenso schermo di Piazza Grande. Sempre bellissima, e non è il solito, dovuto omaggio alla star-che-ha-fatto-la-storia-del-cinema, e sempre magra, con quell’aria inconfondibilmente racé, quall’allure da modella (le modelle degli anni Quaranta e Cinquanta come lei imparavano a sfilare in passerella ritte come un fuso e con la testa leggermente all’indietro, e da allora si portan dietro quelle posture come un imprinting, un qualcosa che le fa riconoscere ancora oggi nella folla). Un tailleur pantalone, un po’ pigiama palazzo alla Galitzine, verde smeraldo, che concentra subito gli occhi della piazza su di lei. Spende poche parole. Ricorda di come La risaia di Matarazzo fu il suo secondo film e il primo italiano, la vollero Carlo Ponti e Dino De Laurentiis dopo averla adocchiata in un western americano che era stato il suo debutto. “Facevo la modella in America, non pensavo proprio di fare del cinema, poi la moglie di Kirk Douglas mi disse: perché non ci provi? E io, per andare a Los Angeles e per vedere il West dove si sarebbe girato, ho detto sì”. Di La Risaia: “Fu il remake di un film molto famoso, Riso amaro, di dieci anni prima, che io non avevo mai visto”.

Elsa Martinelli nel film

Non proprio il remake. Di quel film riprende solo l’ambiente della risaia, l’epopea tutta femminile delle ragazze proletarie e contadine che da ogni parte della Padania si muovevano per raggiungere la campagne di Vercelli e Novara a piantare e poi mondare nell’acqua le piante di riso. Lavoro infame, schiene piegate per quaranta giorni sotto il sole nell’acqua e nel fango dall’alba al tramonto, tra le zanzare, le sanguisughe, la durezza dei vigilanti e spesso le molestie. Calzoncini corti e attillati, a lasciar libere le gambe affondate fino al ginocchia, alla coscia. Giuseppe De Santis in Riso amaro aveva genialmente usato quel mondo per un indimenticabile melodramma di primarie pulsioni, il desiderio, il sesso, la violenza, l’istinto del possesso, la difesa del territorio, inventando l’erotismo del corpo popolare femminile denudato per ragioni di lavoro e offerto a ogni sguardo, a ogni lascivia (anche dello spettatore). Matarazzo ripropone quell’epica tutta femminile molti anni dopo, forse anche fuori tempo massimo, ed è uno dei motivi per cui allora il film non ebbe il successo travolgente che ci si aspettava. Sembrò un ricalco tardivo, forse lo era davvero, oggi però, al di fuori del contesto che lo generò, ci appare un oggetto cinematografico smagliante, una macchina spettacolare pressoché perfetta e implacabile, tant’è che ieri sera in Piazza Grande, a parte quei pochi che hanno abbandonato la proiezione (forse stranieri penalizzati dalla mancanza di sottotitoli), La risaia ha rinnovato il suo potere fascinatorio e alla fine è stato applaudito. Eppure, iscritto com’è nei codici del melodramma popolare di quegli anni, quello che aveva dato vita anche al fotoromanzo, oggi può apparire indigesto e risibile, con quelle figlie della colpa, i padri codardi e tradivamente pentiti, le povere mamme non sposate ostracizzate dai benpensanti, il cattivo giovin signor debosciato, il bravo ragazzo del popolo di sani principi, e tutto che poi precipita e si condensa e scatena forze telluriche là nella risaia, fino all’inevitabilmente drammatico finale, allo scioglimento. Quello che rende oggi questo film ancora memorabile, e guardabile con godimento, è l’abilità nel mettere in scena di Matarazzo, che usa colore e grande formato del Cinemascope con una maestria e consapevolezza tecnico-stilista assolute. Colori sfacciati, scene collettive che ti rubano lo sguardo (i balli, con quelle gonne anni Cinquanta volteggianti, e le donne abbracciate nella danza ad altre donne, e i pochi uomini ai margini allupati a guardare). Le scene delle mondine al lavoro, grandiosamente colossali come a Hollywood (sì, ha ragione Père a dire che Matarazzo è il più hollywoodiano degli italiani), centinaia di corpi femminili disposti strategicamente sullo scacchiere dello schermo come pedine di una battaglia. File che si rompono, scompongono, ricompongoco, che avanzano riunite nel fango, mentre cavalli attraversano la mota e i sorveglianti sono cani da guardia di un girone infernale. Magnifico. Qualcosa che riporta alla mente gli schiavi al lavoro nell’Egitto dei Dieci comandamenti, o le battaglie kubrickiane di Barry Lyndon. La geometria degli spazi è di uguale maestria, impressionante. Elsa Martinelli è insieme il fulcro e il punto di fragilità di questo film. Non si può toglierle gli occhi di dosso. Ma lei si porta dietro un corpo e un viso che appartengono a un altro mondo, non a quello popolare delle mondariso (né a quello delle scarmigliate dive del neorealismo), ma a quello borghese delle sfilate di moda, dei servizi a New York e Roma con i grandi fotografi di Vogue e Bazaar. Benché s’abbassi a piantare riso nell’acqua e si conceda al meccanico Rik Battaglia tra gli oli e le zaffate di un’officina, Martinelli resta un’aliena, un’intrusa. Diverso quel viso angoloso e stilizzato, diverso quel corpo dai seni piccoli. Il suo essere naturalmente sofisticata indebolisce il film (non è Loren, non è Pampanini, non è nemmeno la prima Mangano) e lo condanna, e nello stesso tempo lo rende ultimo, crepuscolare, conferendogli il fascino della decadenza di un genere. La sua femminilità moderna e post-contadina ci racconta di come quel mondo e quel cinema che lei percorre stia per cambiare irrimediabilmente, di come appartenga a un passato che non sarà più. Il che rende ancora struggente e perfino testamentario La risaia, l’ultimo possibile dei Matarazzo-movie.

Un film imprescindibile stasera in tv: IL LADRO di Alfred Hitchcock (merc. 3 ott. 2018, tv in chiaro)

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Il ladro di Alfred Hitchcock, Rete Capri (66 dt), ore 22,30. Mercoledì 3 ottobre 2018.
imageUno degli Hitchcock meno frequenti in tv, e dunque è il caso stasera di non lasciarselo scappare. Ispirato a un fatto di cronaca, quello di un onesto cittadino qualunque scambiato per un rapinatore di un’agenzia di assicurazioni. Ed è odissea per l’ingiustamente accusato, che non ce la fa a convincere polizia, giudici e opinione pubblica della sua innocenza, con pesanti ricadute sulla sua vita familiare. Alfred Hitchcock, colpito dalla vicenda, decide di girarci sopra un film (siamo nel 1955), cercando di rispettare il più possibile fatti, personaggi, evoluzione degli avvenimenti, in un un’operazione di ricalco quasi documentaristico ai limiti di quella che oggi si direbbe docufiction. Il che è quantomeno stravagante per un autore come lui che della riproduzione della realtà non si era mai occupato, teorizzando anzi, e praticando strenuamente, l’opposto, un cinema della finzione, della reinvenzione, dell’artificio, della spettacolarità. Quasi che l’onda del neorealismo che dall’Italia si era irradiata in tutto il cinema mondiale avesse finito con il contagiare pure lui. In Il ladro Hitchcock, come rivela a François Truffaut nell’indispensabile e leggendario libro intervista Il cinema secondo Hitchcock (Il Saggiatore), addiritttura altera la sceneggiatura iniziale per adeguarla alla successione degli eventi accaduti, e aggiungendo battute che il vero colpevole della rapina aveva pronunciato al momento della cattura. Un’operazione di mimesi del vero da lasciare sbalorditi in un autore come lui, tant’è che Truffaut gli rimprovera questa sorta di tradimento del suo stesso cinema. E Hitchcock, sempre autocritico fino all’autolesionismo (che differenza, rispetto alla tronfiaggine e all’arroganza di tante mezzecalze di ieri, oggi e domani), incassa e ammette che sì, Il ladro non è il suo film più riuscito. Ma a rivederlo, le accuse di Truffaut e le autoflagellazioni di Sir Alfred sembrano esagerate. Il film resta puro Hitchcock, con quell’innocente ingiustamente accusato e stritolato kafkianamente da una macchina burocratica ottusa e impersonale, e con quella diabolica capacità del regista di creare tensione e sospensione. E poi, la celeberrima e inquietante scena in cui al volto del protagonista (un volutamente atono e inespressivo Henry Fonda) si sovrappone man mano in dissolvenza quello del colpevole. Anche, unpesanto atto d’accusa all’arroganza e all’approssimazione di tanta (mala) giustizia. Molto meglio il titolo originale: The Wrong Man.

Film stasera in tv: ‘Il bandito senza nome’ di Joseph L. Mankiewicz (mart. 6 novembre 2018, tv in chiaro)

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Il bandito senza nome di Joseph L. Mankiewicz, Rete Capri (66 dt), ore 21,00. Martedì 6 novembre 2018.
Noir post-bellico di un Joseph Mankiewicz non ancora arrivato alle altitudini dei suoi capolavori come Eva contro Eva e Improvvisamente l’estate scorso, ma che già porta l’inconfondibile impronta del suo autore, il Mankiewicz touch: la centralità della parola – in forma di diaologhi verbosissimi e avvolgenti – quale traliccio su cui strutturare il racconto, l’eleganza borghese dei modi e della messinscena, la predilezione per le atmosfere torbide dove male e bene si fanno indistinguibili. Reduce da tre anni di guerra nel Pacifico, George torna a casa picichicamente ferito, divelto, con un’amnesia che lo costringe a raccattare tracce e frammenti della sua vita passata per poterne ricostruire almeno una parte. Nel portafogli trova la ricevuta di una somma di denaro depositata per lui da un uomo a lui sconosciuto. E incomincia la ricerca, che porterà George a sfiorare una rete clandestina nazista. Di quei noir in cui si sente forte l’influenza di tanto cinema weimeriano, dall’espressionismo in poi, un cinema portato a Hollywood dai molti émigré finendo col fecondare irreversibilmente quello degli studios.

11 film stasera in tv – giovedì 8 novembre 2018, tv in chiaro

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Exodus: Dei e Re

Gli spietati

Cliccare il link per leggere a recensione. Alcune schede possono riferirsi a precedenti messe in onda.

Gilda, Rete Capri (66 dt), ore 21,00.
Exodus: Dei e Re di Ridley Scott, 20, ore 21,00.
Gli spietati di Clint Eastwood, Iris, ore 21,00.
Blade Runner di Ridley Scott, Focus (35 dt), ore 21,15.
Un’ottima annata di Ridley Scott, la5, ore 21,15.
Uno dei flop della pur luminosa carriera di Ridley Scott (e questa sua discontinuità resta un mistero che qualcuno prima o poi dovrebbe cercare di dissipare). A Good Year, del 2006, arriva, per dire, dopo il clamoroso Il gladiatore, ed è un disastro. Allora: un cinico broker londinese – è Russell Crowe – torna, dopo la morte dello zio, nella Provenza rurale dov’era cresciuto. L’intenzione è di vendere la tenuta con prestigiosi vigneti appena ereditata. Ma maturalmente riscoprirà la dolcezza di vivere là tra i campi e le cantine, lontano dagli orrori disumanizzanti dell’alta finanza ecc. ecc. Con Marion Cotillard e Abbie Cornish.
The Take of Tiger Mountain di Tsui Hark, Cielo, ore 21,20.
Robin Hood principe dei ladri, Nove ore 21,25.
Dei molti Robin Hoodcinematografici, uno dei più fortunati al box office: quello correva l’anno 1991 – con Kevin Costner, allora divo maximo del sistema Hollywood.
L’aereo più pazzo del mondo, Spike, ore 21,30.
Demolition Man di Marco Brambilla, Italia 1, ore 23,30.
Cielo di piombo, ispettore Callaghan, Iris, ore 23,45.
Terzo capitolo dei cinque con il mitologico ispettore-giustiziere inepretato da un clint Eastwood al massimo della su totemica rocciosità. Stavolta Callaghan ridiscende in campo nella sua San Francisco per arginare una banda di reduci dal Vietnam che si son dati alla violenza cieca. Ed è, questo riferimento a quella guerra disgraziatissima, il motivo di maggiore interesse del film (era il 1976).
Oltre le colline di Cristian Mungiu, Rai Movie, ore 0,20.

Gilda

Film da (ri)vedere stasera in tv: ‘Paisà’ di Roberto Rossellini – lunedì 12 novembre 2018, tv in chiaro

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Paisà di Roberto Rossellini, Rete Capri (66 dt), ore 21,00. Lunedì 12 novembre 2018.Episodio 3 (Roma)

Episodio 4 (Firenze)

Di quei film da storia del cinema, da cineteca, da cineforum-segue-dibattito anni ’60 (e oltre). Un monumento, ecco. Che conviene demonumentalizzare, guardare con occhio come dire ingenuo, come se su Paisà non si fosse depositata fin dal suo apparire, anno 1946, una quantità insostenibile di commenti, critiche, glosse, guide alla visione. Allora, abbandonarsi a Rossellini, al suo cinema incredibilmente, quasi fantasmagoricamente respirante insieme al reale, insieme all’oggetto rappresentato e inquadrato. Realismo, neorealismo nel senso più primario e perfino ovvio. Registrazione senza apparenti filtri, senza apparente messa in scena (e qui sta la maestria) di ciò che succede dando l’illusione della presa diretta documentaristica. Cattura del soffio vitale. Sei episodi a raccontare l’avanzata da Sud a Nord degli alleati, dalla Sicilia alla Padania, erodendo man mano il territorio sotto controllo di tedeschi e repubblichini. Quasi un instant movie, con la restituzione nitida e precisissima di un’Italia ancora segnata, ancora in macerie, ancora sotto trauma, ancora stordita tra fine del fascismo, sconfitta in guerra, e un nemico diventata di colpo amico (con quante ambiguità? dopo quali giravolte?) e ingombrante presenza occupante con cui fare i conti. Instant movie che però è già, nonostante l’adesione impressionante al cosiddetto reale, sguardo distaccato da storico. Film enorme, film di un’epoca, di un mondo finito in cerca di un ricominciamento. Una lezione di cinema cui guardò il mondo intero, dove Rossellini perfezionò il modo di girare sperimentato in Roma città aperta. Impressiona, oggi, la solida trama narrativa, lo storytelling nascosti dietro le maniere documentaristiche. Film naturale e insieme costruitissimo, strutturatissimo nella messa a punto dei sei episodi. Con sconfinamenti e derive, che peraltro erano già in Roma città aperta, nel melodramma (l’episodio sicialiano, e quello napoletano, e soprattutto quello romano). Restano impressi il ragazzino-truffatore a Napoli e la sua vittima, quel soldato di colore gigantesco dispensatore di cioccolato. La ‘segnorina’ romana, ragazza di buona famiglia diventata prostituta per gli americani. Quei cartelli con la scritta ‘partigiani’ affioranti dai corpi buttati nelle acque semipaludose del delta del Po nell’episodio terminale. La battaglia di Firenze, con l’Arno a dividere la parte sud già liberata dagli americani e la parte nord ancora in mano ai tedeschi, con quei passaggi segreti attraverso la galleria degli Uffizi, e il complesso sistema per comunicare con i partigiani dall’altra parte, e di mezzo pure una storia d’amore (il melodramma di cui sopra, appunto). Episodio nel quale alcune scene son state girate, stando alla vulgata, da Federico Fellini, assistente di Rossellini e coautore della sceneggiatura. L’Italia in macerie quasi in diretta. Film che ha contribuito potentemente al mito di fondazione della nuova Italia postbellica come paese nato dalla resistenza antifascista. Il che è bello e fa da toccasana all’orgoglio nazionale, alla malferma identità nazionale, ma mette in ombra le collusioni tra popolo e regime di un ventennio, e l’accettazione del regime da parte di molti italiani. Ma questa è, letteralmente, un’altra storia.

Film stasera in tv: ‘Sciuscià’ di De Sica e Zavattini (martedì 13 novembre 2018, tv in chiaro)

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Sciuscià, Rete Capri (canale 66 dt), ore 21,00. Martedì 13 novembre 2018.
Sciuscià-cavallosciuscia-1946-02-gVedendo a Cannes 2018 film su bambini disagiati e di strada – il vincitore Un affare di famiglia di Kore-eda Hirozaku e il libanese Capharnaüm di Nadine Labaki – veniva da pensare a questo capolavoro di De Sica-Zavattini come al prototipo del genere, e un modello di riferimento per il suo umanesimo, per il rispetto dei personaggi. Che dire? Uno di quei film da storia del cinema di cui si è detto tutto e oltre, e comunque da vedere e rivedere per capire qualcosa del nostro cinema, della stagione noeorealista, e (soprattutto) di quell’Italia uscita stremata e impoverita dalla guerra. Un’Italia che sembra divisa da quella di oggi (basti dare un’occhiata al docu Italy in a day di Salvatores per rendersene conto) un qualche eone, altro che decenni. Nella Roma del 1946, con gli americani ancora occupanti e vari e loschi traffici di sopravvivenza, due ragazzini, Pasquale e Giuseppe, si arrangiano come possono facendo i lustrascarpe in via Veneto, anzi gli sciuscià (adattamento in lingua napoletana dell’inglese shoe-shine). Il sogno è un cavallo bianco che vorrebbero acquistare. Ma verranno coinvolti, incolpevoli, in un furto e finiranno in riformatorio. La loro amicizia si spezzerà, uno di loro verrà costretto a tradire, ci sarà una fuga dal carcere durante una proiezione. Preparate i fazzoletti. Ancora oggi questo De Sica-Zavattini riesce a farti venire lo stranguglione. Prototipo e paradigma di ogni successivo film di bambini travolti dalla storia. Innocenti perduti nelle tempeste d’acciaio. Esordio del regista, che veniva dai tardi telefoni bianchi, nel neorealismo ed è capolavoro. Poi arriveranno Ladri di biciclette e Umberto D. Con un giovanissimo Franco Interlenghi. Successo planetario, Oscar come migliore flm straniero e un posto fisso nella storia del cinema.


Film stasera in tv: ‘Nessuno mi crederà’ (ven. 16 novembre 2018, tv in chiaro)

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Nessuno mi crederà, un film di Irving Pichel (1947). Rete Capri (canale 66 dt), ore 21,00, venerdì 16 novembre 2018.
Un noir RKO considerata a suo tenpo, anno 1947, assai minore e qualunque e poi, come spesso capita, recuperato come opera indispensabile dai cinefili più intransigenti. Tra Hitchcock e il Billy Wilder di Double Indemnity, un thriller lurido e amorale benissimo girato da Irving Pichel, attore e poi regista, uno dei blacklisted di Hollywood (morirà nel 1954 anche per i colpi inferti al suo cuore da quella losca stagione di traditori e tradimenti). Un uomo e le sue tre donne. Lui, Larry Ballentine, si è sposato per interesse con l’arrogante Greta, ma naturalmente ha un’amante di nome Janice. Quando la moglie lo scoprirà gli detterà le sue condizioni: ti faccio socio di una nuova, lucrosa attività e ti prendo un ranch a casa di Dio, a patto che tu te ne stia fuori fuori da ogni giro e soprattutto lontano da lei. E il codardo accetta. Questa la prima parte della sua complicatissima vicenda, dallo stesso Larry raccontata in tribunale, mentre siede sul banco degli accusati per un omicidio. Che giura di non avere commesso. E continuano i flashback della sua strana storia, oltre che della sua incontinenza sessual-amatoria. Benché confinato nel ranch, troverà una nuova amante di nome Verna (nome se ben ricordo chandleriano, misterioso e minaccioso). Che è una fisicamente trionfante Susan Hayward in un ruolo di femme fatale da lei indossato nel modo più convincente. Ci sarà un incidente stradale, brucerà un corpo di donna: è quello di Verna, che però verra scambiato dagli inquirenti per la moglie di Larry. Ma le svolte e i twist di questo cupissimo thriller non sono ancora finiti, mentre si avvicina uno scioglimento per niente scontato. Con Robert Young. Per spettatori che non temono l’insolito.

Film stasera in tv: ‘La croce di fuoco’ di John Ford (sab. 17 novembre 2018, tv in chiaro)

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La croce di fuoco, Rete Capri 8canale 66 dt), ore 21,00. Sabato 17 novembre 2018.
Annex - Fonda, Henry (Fugitive, The)_01Nel 2014 è ucito in qulche sala, quasi clandestinamente, Cristiada: film assai interessante nel suo rievocare una pagina di storia dimenticata del Novecento, la feroce repressione contro i cattolici da parte del Messico laicista negli anni Venti e oltre, e la successiva rivolta dei Cristeros, i soldati di Cristo. Bene, di quel passaggio drammatico nella storia latinoamericana già parlava il cattolico di origine irlandese John Ford del 1947 in questo film pure assai dimenticato e rimosso dalle coscienze, dove si racconta di un prete in fuga dalle persecuzioni anticristiane in un non definito paese latino-americano. Graham Greene, autore del romanzo Il potere e la gloria da cui il film è stato tratto, invece proprio al Messico, a quel Messico, si riferiva. Ford non solo rende più vago ed evanescente lo sfondo storico-geografico, ma interviene pesante anche sul carattere principale, che in Greene era un prete-peccatore e che qui viene mondato delle sue colpe per diventare solo un uomo di chiesa in fuga dai senzadio. Prete che andrà incontro al martirio come i fedeli del cristianesmimo aurorale. La croce di fuoco, maltrattato perfino dai fordiani di più stretta osservanza, fu un riempiplatee nei cinema parrocchiali anni Cinquanta, ed è opera che merita rispetto, altroché. Se non altro perché ci ricorda il valore della libertà religiosa. E poi è Ford. Con Henry Fonda, Dolores del Rio e Pedro Armendariz. Titolo originale. The Fugitive. Titolo francese, bellissimo: Dieu est mort.

Film stasera in tv: ‘Odio implacabile’ (dom. 18 novembre 2018, tv in chiaro)

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Odio implacabile di Edward Dmytryk, Rete Capri (canale 66 dt), ore 21,00. Domenica 18 novembre 2018.
mitchum1still-of-robert-mitchum-in-crossfire-(1947)-large-pictureDa vedere, ma per davvero. Film americano del 1947 celebrato e molto premiato (pure a Cannes, ed era solo la seconda edizione del festival) firmato Edward Dmytryk che ibrida il noir di marca Rko con i germi del realismo inoculato nel cinema Usa e mondiale dalle esperienze rosselliniane. Film capitale, perché prende di petto un tema ultrasensibile – allora, e oggi più che mai – come l’antisemitismo, trattandolo nella forma e nei modi del racconto cinematografico ad alta suspense. Sì, antisemitismo piaga anche di quell’America anni Quaranta ultrademocratica dove la presenza ebraica, alimentata ai primi del Novecento dalla grande fuga dai pogrom della Russia zarista, era assai cospicua (e basti leggere il fondamentale Il complotto contro l’America di Philip Roth per rendersi conto di quanto fosse radicato negli Usa il pregiudizio antiebraico). Un uomo di nome Joseph Samuels vien trovato ammazzato a casa sua. Chi è stato? E perché è stato ucciso? La polizia indaga, e subito l’attenzione si focalizza su tre freschi reduci di guerra con cui la vittima quella notte si era intrattenuta in un bar. Si sospetta di uno dei tre, ma un amico ne prende le difese assicurando la propria collaborazione alla polizia perché il vero colpevole venga scoperto. E si lo si scoprirà. Movente: l’odio per gli ebrei ritenuti nella psiche distorta dell’assssino “tutti imboscati e imbroglioni”. Edward Dmytryck conduce la narrazione con mano fermissima e un solido senso della messinsena e dello spettacolo. Da rivalutare. Interessante ricordare come nel libro da cui il film è tratto (scritto da quel Richard Brooks che a sua volta si darà alla regia cinematografica con cose notevolissime) la vittima sia un omosessuale, solo che allora il codice Hays non permetteva, e la si trasformò in israelita. Con Robert Mitchum, Robert Ryan, e Robert Young. Più Gloria Grahame.

19 film stasera in tv – domenica 18 novembre, tv in chiaro

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Jack Reacher, punto di non ritorno

Devil’s Knot

Cliccare il link per la recensione di questo blog (alcune possono riferirsi a precedenti messe in onda)

Odio implacabile di Edward Dmytryk, Rete Capri (canale 66 dt), ore 21,00.
Sweet November, Cine Sony, ore 21,00.
Lei è libera-e-anticonformista, lui un uomo in carrierissima. Sarà per via dell’attrazione degli opposti, fatto sta che incredibilmente cadono innamorati. Tutto sembra procedere verso la perfetta felicità, finché non si scopre della malattia di lei. Un lacrima-movie figlio (degenere?) di Love Story. Con Charlize Theron e Keanu Reeves.
Devil’s Knot – Fino a prova contraria di Atom Egoyan, Rai 4, ore 21,05.
L’assassino di Elio Petri, Rai Storia, ore 21,07.
Io e lei di Maria Sole Tognazzi, Rai Movie, ore 21,10.
Watchmen di Zack Snyder, Paramount Channel, ore 21,10.
Le stagioni del cuore di Robert Benton, Tv2000, ore 21,15.
Da noi passò pressoché inosservato, invece in America questo film – correva l’anno 1984 – del Robert Benton di Kramer contro Kramer fu un successo clamoroso. Procurando oltretutto alla protagonista Sally Field il suo secondo Oscar. Una govane donna dopo la morte violenta del marito deve mandare avanti da sola la farm e far fronte pure ai debiti. Naturalmente ce la farà, impiantando una florida coltura di cotone. Dalla parte delle donne e e anche dei neri.
La ragazza che giocava col fuoco, Cielo, ore 21,15.
Cineversione scandinava di uno dei romanzi di Stieg Larsson, tutti girati parecchio prima che David Fincher realizzasse la sua versione americana di Uomini che odiano le donne. Stavolta siamo alla seconda puntata della saga, con Michael tornato alla direzione del giornale Millennium e la punk-detective-hacker Lisbeth sospettata di un delitto. Chiaro che è innocente. Con Noomi Rapace, la prima e vera Lisbeth che Rooney Mara non è riuscita a oscurare.
Jack Reacher – Punto di non ritorno, Tv8, ore 21,25.
Il secondo, anno 2016, dei Jack Reacher-movie. Con l’ex detective militare ora cane sciolto alle prese con un caso dai molti e torbidi risvolti. Una sua ex collega è accusata di essere una spia al soldo di potenze straniere e a Jack non resta che ridiscendere in campo per provarne innocenza.
Indiana Jones e l’ultima crociata di Steven Spielberg, Rete4, ore 21,30.
Il meno riuscito della tetralogia di Indiana Jones. Allora sembrò fiacco e inutilmente ripetitivo, oggi chissà, grazie all’effetto nostalgia potrebbe guadagnarci.
Forza maggiore di Ruben Östlund, Rai 5, ore 22,52.
Blackhat di Michael Mann, Iris, ore 23,03.
I figli della notte di Andrea De Sica, Rai 4, ore 23,08.
Monster, Cine Sony, ore 23,15.
Animali notturni di Tom Ford, Canale 5, ore 23,21. Prima tv.
Contraband, 20, ore 23,35.
Lussuria. Seduzione e tradimento di Ang Lee, Cielo, ore 23,45.
Hollywood Homicide, Rete 4, ore 0,07.
Truth, il prezzo della verità, Rai Movie, ore 0,35.

14 film stasera in tv (martedì 20 novembre 2018, tv in chiaro)

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Fur – Un ritratto immaginario di Diane Arbus

Il caso Paradine

Cliccare il link per la recensione di questo blog (alcune recensioni possono riferirsi a precedenti messe in onda).

Wyatt Earp di Lawrence Kasdan, Iris, ore 21,00.
Il caso Paradine di Alfred Hitchcock, Rete Capri (canale 66 dt), ore 21,00.
Gli ultimi saranno gli ultimi di Massimiliano Bruno, Rai Movie, ore 21,10.
Machan – La vera storia di una falsa squadra, Rai 5, ore 21,15.
Il britannico Uberto Pasolini (nipote di Luchino Visconti però, non di Pier Paolo) tenta di ripetere da regista il colpaccio che gli era riuscito parecchi anni prima con Full Monty come produttore. Ma i miracoli non si ripetono. Machan è un film dignitoso, una di quelle commedie made in UK con risvolti sociali di modesto (secondo me) divertimento. In Machan alcuni srilankesi che non ce la fanno a entrare clandestinamente in Europa, saputo che la Germania ospiterà la loro nazionale di pallamano, si improvvisano giocatori di questo sport di cui fino ad allora non conoscevano neppure l’esistenza. Ispirato a un fatto vero. Un altro film sui migranti, solo che è la chiave della commedia all’inglese a non funzionare molto bene.
Fur – Un ritratto immaginario di Diane Arbus, Cielo, ore 21,15.
La bella e la bestia di Christophe Gans, Canale 5, ore 21,21.
Diverso da chi?, Nove, ore 21,25.
Tentativo italiano abbastanza riuscito di fare una commedia sul gaysmo all’altezza di quelle internazionali. Senza cioè quei vetusti cliché italici e andando finalmente oltre l’eterno dramma-dilemma “lo dico o non lo dico a mamma e papà che sono gay?”, che per esempio si ritrova ancora in Mine vaganti di Ozpetek. Qui il protagonista, un buon Luca Argentero, è uno di quegli omosessuali pacificati ed omologati del giorno d’oggi che vivono col compagno nell’approvazione generale, compresa quella delle rispettive famiglie. Una coppiettina perbene e carinissima, perfino noiosa. Lui, Argentero, si butta in politica senza nascondere la gaytudine anzi facendone un punto di forza, imparando da esempi stranieri tipo il sindaco di Parigi Delanoë e anticipando il boom di Nichi Vendola. Tutto funziona finchè un’amica-nemica politica, la bacchettona Claudia Gerini, non si innamorerà di lui. E lui di lei. Commedia degli equivoci ben scritta dal bravo Fabio Bonifacci (lo stesso di Amore, bugie e calcetto e Si può fare) che a un certo punto se ne frega del politically correct e ribalta tutto facendo innamorare il gay di una donna. Non solo, sarà costretto a nascondere il suo amore eterosessuale a tutti, perfino alla famiglia e agli elettori, in un rovesciamento radicale e paradossale che non sarebbe dispiaciuto a Lubitsch. Che Bonifacci tenga d’occhio l’esprit viennese e la Mitteleuropa, quella che inviò a Hollywood non solo Lubitsch ma anche Wilder e von Stroheim, lo si capisce anche dalla scelta di Trieste come location della storia. Solo che il film cade nella parte finale dove, non sapendo più che pesci pigliare, cerca di accontentare tutti. Peccato. Il regista Umberto Carteni se la cava dignitosamente, la Gerini eccede un po’. Il migliore è Filppo Nigro, il fidanzato tradito di Argentero. Però avercene di commedie così da noi.
Il tempio di fuoco di J. Lee Thompson, Spike, ore 21,30.
Archeo-avventuroso del 1986 con la star del bicipite Chuck Norris che con Lou Gossett Jr. (il sergentaccio di) forma una coppia fracassona in cerca di un tesoro sepolto sotto un tempio azteco. B-movie che non pretende di essere altro che ricicla gli spielberghismi di Indiana Jones in chiave bassa e povera. Ma attenzione, alla regia c’è il glorioso veterano J. Lee Thompson di I cannoni di Navarone e Il promontorio della paura. Respect!
Dorian Gray, Rai 2, ore 22,57.
Quinto potere di Sidney Lumet, 7Gold, ore 23,30.
Il piano di Maggie – A cosa servono gli uomini di Rebecca Miller, Paramount Channel, ore 0,00.
Fatti di gente perbene di Mauro Bolognini, Rai Movie, ore 0,35.
Lock & Stock di Guy Ritchie, Cine Sony, ore 0,45.
La banda di Erin Kolirin, Rai 2, ore 1,10.

Film stasera in tv: LO STATO DELL’UNIONE di Frank Capra (merc. 19 giugno 2019, tv in chiaro)

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Lo stato dell’Unione, un film di Frank Capra (1948). Rete Capri (122 dt), ore 21,00, mercoledì 19 giugno 2019.
Frank Capra va a raccontare con questo film del 1948 il mondo della politica e lo fa a modo suo, con l’idealismo del buon americano. La politica vista come il luogo del compromesso, dell’ipocrisia, della corruzione dei valori, secondo una sensibilità che oggi potremmo dire populista. Un magnate dell’informazione viene spinto dall’ambiziosa amante a candidarsi nelle primarie presidenziali del partito repubblicano, ma dovrà fare i conti con la spinta delle lobby, gli interessi di partito, le resistenze dell’apparato. Sarà la moglie, che pure è a conoscenza della sua relazione, a stargli vicino e a ricordargli che a contare davvero sono coerenza e integrità. Al di là della visione a volte stucchevolmente buonista di Capra, il film resta interessante per come scoperchia certi retroscena della politica americana, non diversamente da un altro, ma ben più potente, film di quegli anni, Tutti gli uomini del re. Cast enorme: Spencer Tracy, Katharine Hepburn, Angela Lansbury.

12 film stasera in tv (merc. 19 giugno 2019, tv in chiaro)

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Il labirinto del fauno di Guillermo del Toro

Cliccare per la recensione di questo blog. Alcune recensioni si riferiscono a precedenti messe in onda o all’uscita del film in sala.

Belli di papà di Guido Chiesa, 20, ore 21,00.
Lo stato dell’Unione di Frank Capra, Rete Capri (canale 122 dt), ore 21,00.
Master & Commander – Sfida ai confini del mare di Peter Weir, Rai Movie, ore
Film di forti ambizioni, anche commerciali, firmato Peter Weir, che non ha avuto però l’esito atteso. Forse Weir, sempre teso al Gran Discorso e alla seriosità, qui esagera in estenuanti dialoghi sui massimi sistemi trascurando il nocciolo spettacolare della vicenda. Ma insomma, si tratta pur sempre di un film nobile e più che vedibile. Era napoleonica. Nell’Atlantico al largo del Brasile la nave britannica Surprise ingaggia un estenuante duello con la nave francese nemica Acheron. Come I duellanti di Ridley Scott, solo con le navi al posto delle lame. Il capitano Russell Crowe e il suo medico di bordo Paul Bettany si confrontano e discettano sul che fare e il senso della vita. Mah. Per estimatori di Peter Weir (io, come si sarà capito, non lo sono).21,10.
Il sipario strappato di Alfred Hitchcock, Iris, ore 21,14.
Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, Nove, ore 21,30.
Forrest Gump di Robert Zemeckis, Rete 4, ore 21,30.
Notte prima degli esami di Fausto Brizzi, Tv8, ore 21,30.
Film che ha fatto il botto e ha lanciato il regista Fausto Brizzi tra i nuovi moneymaker del cinema italiano e tra i protagonista della rinascita della nostra commedia. Riproposto giustamente in questi giorni di maturità (inteso come: esami di).
All’inseguimento della pietra verde di Robert Zemeckis, Spike tv (canale 49 dt), ore 21,30.
Esplosivo successo del 1984 di Robert Zemeckis, che rifà in forma di sophisticated comedy (insomma) la smania archeologico-avventurosa scoppiata poco prima con Indiana Jones. Una scrittrice di romanzi per signora si ritrova coinvolta nella caccia a un tesoro sepolto in una qulche giungla centroamericana: a darle una mano arriverà un avventuriero che si saccia per esperto di uccelli tropicale. Baruffano, fanno pace, litigano ancora, ma insieme si butteranno nell’avventura, dovendosela vedere anche con una masnada di cattivi. Nonostante la non eccelsa simpatia della coppia protagonista Miachel Douglas-Kathleen Tirner, il fim funzionò benissino. Tant’è che ci sarebbe poi stato, nononostante le bizze della Turner, anche un sequel, Il gioiello del Nilo, non più diretto però da Zemeckis.
Le cronache di Narnia – Il viaggio del veliero, Paramount Channel, ore 23,10.
Terzo e ultimo della saga sapienzial-fantasy tratta dai libri di  C.S. Lewis. È di nuovo avventura per i ragazzini protagonisti, magicamente risucchiatri attraverso un dipinto marino nell’oceano di Narnia.
Il labirinto del fauno di Guillermo del Toro, Rai Movie, ore 23,30.
The Prestige di Christopher Nolan, Iris, ore 0,07.
Melissa P. di Luca Guadagnino, Paramount Channel, ore 1,00.


Il film imperdibile stasera in tv: ANCHE I BOIA MUOIONO di Fritz Lang (giov. 4 luglio 2019, tv in chiaro)

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Anche i boia muoiono di Fritz Lang, Rete Capri (122 dt), ore 21,00. Giovedì 4 luglio 2019.
cebaceb1ceb9-cebfceb9-ceb4ceaecebcceb9cebfcf85-cf80ceb5ceb8ceb1ceafcebdcebfcf85cebdRobusto, e foschissimo, film del Fritz Lang americano. Che nell’anno 1943, mentre il paese in cui abita e lavora è in guerra contro il suo paese d’origine (lasciato dieci anni prima), realizza questo Anche i boia muoiono che può essere visto come un’opera di propaganda assai tipica del periodo. Propaganda antitedesca, of course. Ma Lang piega il genere alle sue ossessioni per mettere in scena come sempre, e anche di più, il suo teatro del male pieno di ombre, e di crimini e misfatti. Il boia del titolo è il davvero terribile Reinhard Heydrich, uno dei gerarchi nazisti più spietati, sempre che si possa stabilire in quel contesto una scala di ferocia. Fu lui a dirigere la conferenza di Wansee del 1942 in cui si pianificò con teutonica precisione lo sterminio degli Ebrei d’Europa, l’organizzazione dei campi e dei trasporti ferroviari. Come s’è visto nel film Conspiracy del 2001, dove a interpretarlo era un eccellente Kenneth Branagh. Dopo quel famigerato vertice Heydrich diventa governatore del protettorato di Boemia e Moravia, dove mostra subito la sua inflessibilità. Verrà ucciso pochi mesi dopo, nel giugno 1942, in un attentato dei resistenti cecoslovacchi. Uno dei casi più clamorosi della guerra clandestina contro il nazismo. Il film di Fritz Lang ricostruisce, romanzando e avventurando abbastanza, l’uccisione di Heydrich, ed è l’occasione per il gran regista di confrontarsi con i demoni del suo paese, con i propri fantasmi di esule e la propria identità ebraica. Angosciosissimo, già anticipando quei film resistenziali e anche postespressionisti del cinema polacco e centroeuropeo anni Cinquanta-Sessanta (Cenere e diamanti, I dannati di Varsavia ecc.). A rendere ancora più irrinunciabile Anche i buoia muoiono è la collaborazione allo script di Bertolt Brecht, pure lui a quel tempo rifugiato in America, e le musiche sono del brechtiano Hans Eisler. Il film di culto è pronto. Con Brian Donlevy e Walter Brennan.

Un fondamentale psycho-thriller stasera in tv: LA SCALA A CHIOCCIOLA di Robert Siodmak (ven. 5 luglio 2019, tv in chiaro)

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La scala a chiocciola di Robert Siodmak (1946), Rete Capri (122 dt), ore 21,00. Venerdì 5 luglio 2019.
Wallpaper-dorothy-mcguire-1721563-1024-768Uno dei film dell’incontro a Hollywood tra cinema e psicanalisi, uno dei vertici del genere insieme a Io ti salverò di Hitchcock, Dietro la porta chiusa di Fritz Lang e a Lo specchio scuro sempre di Robert Siodmak. Il quale non per niente veniva dal Centro Europa, migrante come tanti altri suoi colleghi sull’asse Berlino-Hollywood. Dunque per appartenenza, cultura, gusto, sensibilità, assai pronto a cogliere il messaggio freudiano e a immetterlo nel cinema-spettacolo. Ma qui Siodmak, originario di una famiglia ebraica di Dresda, omaggia esplicitamente – nell’uso intensivo e ipercontrastato del bianco e nero, delle inquadrature sghembe – la stagione del cinema espressionista tedesco, da cui mutua non solo le tecniche di ripresa, lo stile, la fotografia, ma anche il senso di desolazione e di angoscia di fronte a un’incombente, oscura minaccia. Siamo nell’America del primo Novecento. Helen, una ragazza che ha perso la parola dopo uno shock, lavora come badante presso una ricca e anziana signora. Un serial killer colpisce nella zona, prendendo di mira preferibilmente giovani donna con qualche problema fisico. Ovvio che Helen diventerà il suo obiettivo. Con una scena di paura memorabile in cui una scala a chiocciola si trasforma in allucinazione, e discesa verso l’abisso dei propri fantasmi e dell’inconscio. Un simbolismo potente pur nella sua basicità. Con Dorothy McGuire e Ethel Barrymore.

Film-capolavoro stasera in tv: EVA CONTRO EVA (sab. 6 luglio 2019, tv in chiaro)

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Eva contro Eva di Joseph L. Mankiewicz, Capri Television (122 dt), ore 21,00. Sabato 6 luglio 2019.
Imperdibile, anche se lo si è già visto cinque volte. Dialoghi scintillanti di perfidia e doppiezza e allusività come poche volte s’era visto prima e si vedrà dopo. Bette Davis al suo culmine, cioè al massimo di una carriera già ai massimi assoluti di Hollywood. Cinema meraviglioso di parola, e grandissimo cinema, a smentire i cultori talebani fondamentalisti di uno specifico filmico che dovrebbe rinunciare a ogni lascito teatrale per farsi solo immagine. Storia (del remoto anno 1950) che oggi sarebbe difficile da scrivere e mettere in scena, giacché la pur sacrosanta rivoluzione femminile di fine ventesimo secolo ha avuto come effetto collaterale il buonismo, quella corretezza politica che impedisce o almeno demonizza e censura ogni rappresentazione di malvagità di donne. Eva contro Eva, geniale titolo italiano che migliora il già notevole originale All aboute Eve, Tutto su Eva, ci mostra una storia così paradigmatica da essere assurta a mito moderno. Un’attrice di teatro, Margo, all’inizio del suo declino, devastata da un ego impossibile e capricciosamente divistico che impone come un flagello a sè e purtroppo anche agli altri, si ritrova al cospetto una ragazza di nome Eva che si dichiara sua adorante ammiratrice. La prende con sè come segretaria, e sarà come accogliere in seno la proverbiale vipera. Eva si modella su di lei, vuol diventare attrice come lei, soprattutto vuole prendere il suo posto sul palcoscenico come nella vita privata. Un processo mimetico e cannibalico ancora oggi inquietantissimo e perturbante alla visione. Ci riuscirà con un piano diabolico e con la complicità di chi stava vicino a Margo e poi l’ha tradita (per vendetta, per stanchezza delle umiliazioni da lei subite).

Film stasera in tv: GRAND HOTEL con Greta Garbo (lun. 8 luglio 2019, tv in chiaro)

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Grand Hotel, Rete Capri (canale 122 dt), ore 21,00. Lunedì 8 luglio 2019.
Greta-Garbo-in-Grand-Hote-001grand_hotel_2_garboAvete in mente Gran Budapest Hotel? Tra i modelli cui Wes Anderson ha guardato ci sono – per sua stessa ammissione – i film di Lubitsch, i racconti di Stefan Zweig e anche questa mitologica commedia-dramma del 1932, girata a Hollywood agli esordi del sonoro da Edmund Goulding, e però tratta da un romanzo tedesco, e ambientata in un hotel berlinese di alta fascia che molto, molto somiglia all’Adlon. Con uno dei più famosi incipit della storia del cinema, quel ‘Grand Hotel: gente che viene, gente che va’ pronunciato da un personaggio fuori campo poi diventato proverbiale e pure facile, popolarissima metafora di quel groviglio assai casuale che è la vita. Bene, stasera Grand Hotel va in tv, ed è il caso, se non lo si fosse mai visto, di afferrarlo al volo. Tra i molti buoni motivi per guardarselo, la presenza di una Greta Garbo al suo massimo storico, più John e Lionel Barrymore, Joan Crawford, Wallace Beery. Nell’unità di luogo costituita dall’hotel e dalle sue stanze, si svolgono più storie, destinate a collidere e influenzarsi l’un l’altra. Una famosa danzatrice russa (Garbo) si innamora di un aristocratico dagli ottimi modi ma di nessuna sostanza patrimoniale, e che in realtà è un ladro (ecco, i solito echi lubitschiani che rispuntano). Un volgare e prepotente industriale, molto alla Grosz (in fondo, siamo a Weimar, no?) maltratta un suo dipendente e vuole farsi la segretaria. Rondò di destini, con la grazia e anche il disincanto di un cinema che non è più, e che purtroppo non è nemmeno più possibile e replicabile. Oscar 1932 per il migliore film.

Il film imperdibile stasera in tv: GLI UOMINI, CHE MASCALZONI… (mart. 9 luglio 2019, tv in chiaro)

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Gli uomini, che mascalzoni… di Mario Camerini, Rete Capri (canale 122 dt), ore 21,00. Martedì 9 luglio 2019.
001-archivio-iconografico-del-verbano-cusio-ossola-gli-uomini-che-mascalzoni-lago-maggiore-hotel-meinamaxresdefaultBruno (Vittorio De Sica) che insegue in bicicletta il tram su cui c’è l’amata Mariuccia è una delle scene seminali e insieme definitive del nostro cinema. Film di inarrivabile grazia ed eleganza di tocco, una commedia malinconica perfetta, come il cinema italiano dopo la guerra non riuscirà più a ripetere (qui siamo nel 1932). Un ragazzo di modeste condizioni di mestiere autista ama la figlia di un tassista, incontrata alla Fiera Campionaria. Seguiranno complicazioni, ma non troppe. Camerini decide di portare i suoi personaggi fuori dagli studi, en plein air, di filmare nella città, per le strade e tra i palazzi di Milano, ed è qualcosa di rivoluzionario, anticipazione inconscia del neorealismo. E, ebbene sì, quel De Sica all’inseguimento del tram troverà la sua duplicazione, ma in versione tragica, nell’Anna Magnani di Roma città aperta che corre verso la camionetta. Gli strani intrecci, e i presagi, del cinema. Vittorio De Sica meraviglioso, in grado di eguagliare per leggerezza Cary Grant. Ancora oggi si resta stupefatti per come canta Parlami d’amore Mariù.

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