La morte ha fatto l’uovo di Giulio Questi, Rete Capri, ore 22,30. Domenica 18 giugno 2017.
Successero delle cose, nel 1968, tra le quali anche l’uscita di questo film tra i meno classificabili e più eccentrici e liberi della storia del cinema italiano, e non si sta mica esagerando. La morte ha fatto l’uovo è il secondo lungo ufficialmente riconosciuto del bergamasco Giulio Questi, dopo il più sanguinolento e, come si diceva ai tempi, morboso italian western mai fatto, Se sei vivo spara, e prima del meraviglioso Arcana, tutti progettati e girati in stretta collaborazione con un altro talento non allineato come il montatore, e qui anche co-sceneggiatore, Kim Arcalli. Puro cinema della crudeltà quello di Questi-Arcalli, beffardo e con ascendenze (consapevolmente?) surrealiste, e con dentro un qualcosa di Buñuel, e però con una selvaggeria che ne fa un unicum. Vidi Questi al festival di Torino 2014, dove novantenne era venuto a presentare la sua trilogia e certi suoi corti recenti. Ed era la serata dedicata ad Arcana. Purtroppo non ce la feci a rivedere Questi anche in occasione di La morte ha fatto l’uovo, e ancora ne ho il rimpianto (Questi sarebbe morto poco dopo la conclusione del TFF). E però, che colpo quando quel film matto e lucidissimo capitò sugli schermi in quel remoto e fatale anno che fu il 1968. Una parabola anticapitalistica come si usava allora in sintonia con il Godard più libero e anarcoide, anche se sempre a forte impronta ideologica, quello di Weekend con i suoi antropofagi antisistema. E parabola analoga ad altre cose che allora si producevano nel cinema italiano su famiglie borghesi nido di vipere, sentina di ogni vizio, teatro di battaglie per il potere e per il denaro con uso abbondante di pervertimenti erotici, penso a Escalation di Roberto Faenza e a Grazie zia e Uccidete il vitello grasso e arrostitelo di Salvatore Samperi. La morte ha fatto l’uovo, dunque, e già il titolo che goduria. In un allevamenbto di polli nel laziale (un allevamento di polli a rappresentare e simboleggiare l’avidità del capitalismo e le sue pulsioni autoritarie? mah) la padrona – che, incredibile a dirsi, è Gina Lollobrigida qui usata come icona popolare e detournata sadicamente da Questi e Arcalli su altre rive e derive – cerca di massimizzare i profitti mettendo a punto il gallinaceo perfetto, senza testa, senza ali, solo carne da macellare e commerciare. Metafora del perfido Kapitale che vuole decerebrare i suoi sudditi proletari? Ma grazie a Dio l’ideologia in Questi produce narrazione, e horror, e sberleffi, e paura, e divertimento in noi spettatori. Il marito della padrona (Jean Louis Trintignant!) ha il vizio nascosto di farsi prostitute in serie e poi di ammazzarle, o così ci è detto. Chiaro che una coppia così sgangherata, però con troppi soldi, si presti a una cinica scalata. Ed ecco arrivare la cuginetta di Anna la padrona, una scintillante ragazzina che difatti è Ewa Aulin, la quale fa girare la testa a Marco il marito co-padrone. Dietro però c’è un piano, architettato in combutta con un pubblicitario (è Jean Sobieski, papà di Leelee). Son le avidità familiari a farsi specchio del capitale o è il capitale a produrre inesorabilmente rapporti alienati all’interno della famiglia? Allora erano interrogativi che alla visione di film come questo alcuni si ponevano assai seriamente e seriosamente. Oggi non ce ne importa più niente, ci importa solo dello spettacolo allestito da Questi con un’improntitudine e una sana follia e uno spiritaccio fors’anche più goliardico che anarchico e antisistema, ed è spettacolo del sangue e dell’orrido che tiene molto bene a distanza di decenni. Non si dimenticano quelle scene allucinate di polli senza testa, quella macchina-moloch installata nell’allevamento, quel finale che tanto sarebbe piaciuto ai signori del teatro della crudeltà. Molto difficile vederlo, dunque stasera non bisogna perderlo.
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Un film-cult stasera in tv: LA MORTE HA FATTO L’UOVO di Giulio Questi (dom. 18 giugno 2017, tv in chiaro)
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